Prometheus – la recensione (devastante)

*** SPOILER ALERT***

Leggete questa recensione solo se avete visto il film, o se non avete paura di rovinarvi la visione, o se non vi interessa troppo avere sorprese (?). Qui c’è l’esigenza di scendere nei dettagli…

*** SPOILER ALERT***

Ci sarebbero tante e tali premesse da fare che mi passa subito la voglia e vado al sodo: Prometheus non è una ciofeca, è una
schifezza aggravata dal senso di delusione impotente dello spettatore che ama il cinema, la fantascienza e le storie ben raccontate. Il comparto tecnico non salva un film inerte, freddo, gestito come se a un gruppo di studenti di cinema fosse stato dato un budget faraonico per rifare Alien o qualcosa di simile. Le cose che non sono da buttare sono magra consolazione. Prima responsabilità della debacle: la sceneggiatura. Chissà perché, da un po’ di tempo a questa parte, quella che per i film di genere dovrebbe essere la prima prerogativa passa in secondo piano, o viene affidata a gente largamente sopravvalutata per aver preso parte a un bluff televisivo d’alta scuola (Lost) o al peggior film di fantascienza da secoli (L’ora nera). Ogni riferimento a Damon Lindelof e John Spahits è puramente voluto. Ti fa capire perché una volta gli sceneggiatori con le palle erano pagati a peso d’oro (ma era, appunto, un’altra epoca).

Questi due tizi prendono la mitologia di Alien e la trattano come un giochino, non cercando neppure per un momento di creare un buon fantathriller, ma accumulando suggestioni e scene a effetto. Come un gioco.

Un gioco però continuamente disinnescato da una scrittura confusa, sciatta, inefficace e clamorosamente fuori fuoco nel gestire tutti i possibili snodi drammatici: quando gratuiti, quando goffi e ingiustificati.

E, va detto per non dare tutte le colpe agli sceneggiatori, girati in alcuni casi in modo decisamente poco efficace dal grande vecchio della saga, il 73enne Ridley Scott. Vedi gli assalti alla nave degli “infettati”, o la morte di Logan Marshall-Green.

Difficile trovare un guizzo di regia, la zampata di uno che in passato ha fatto grandi cose (ma davvero in passato: perché da una ventina d’anni, va detto, il genio ha latitato) se non in alcuni sprazzi che fanno centro come la sequenza dell’autoaborto della Rapace o il sacrificio della nave dei nostri per salvare capra e cavoli.

Ma quello che in fondo manca è la vera tensione, la paura, il terrore (dallo spazio profondo…) che aveva contraddistinto il primo Alien, a cui evidentemente, nonostante le risibili dichiarazioni dei suoi autori, Prometheus si vuole connettere.

La scelta poi di non voler puntare fino in fondo sul personaggio di Elizabeth Shaw non premia. Ovviamente si parla in ottica drammaturgica, non di messa in scena… giusto non fare di Noomi Rapace, comunque efficace, una simil-Ripley tascabile, ma lasciarla in balia degli eventi fino alla fine non è un gran piano. La domanda, se mai, è un’altra: perché gettare praticamente tutto il peso della pellicola sulle spalle di David (Michael Fassbender), un vero e proprio deus-ex-machina che risolve tutte le situazioni (o le crea) senza alcuna emozione, col risultato di non trasmettere alcuna emozione? Lui sorveglia i sogni dei protagonisti, lui conosce la lingua degli Ingegneri, lui interpreta a botta sicura ogni segno e apre le serrature, sblocca gli ingranaggi, lui sa pilotare le astronavi aliene. E sì, sappiamo in partenza che è un robot, e che naturalmente si incazza (ma guarda un po’?) se glielo fanno notare. David è, di fatto, il regista: sa tutto, può fare tutto, vede tutto. Ed è noioso come la morte.

E vi prego, Lawrence d’Arabia. Vi prego.

Superflua la bellissima e stronza (o bellissima perché stronza, probabilmente) Charlize Theron, imbarazzante la prevedibilità dei suoi comportamenti, delle sue motivazioni e delle sue parentele.

Un applauso a Guy Pearce accreditato tra i primi nomi del cast, con solo 5 minuti di screen time, invischiato in un trucco addirittura peggiore del DiCaprio di J.Edgar (e ce ne voleva).

Pessima notizia: si pianifica un sequel. Buona notizia nella pessima: non sceneggerà Lindelof.

Momento cult: “Ehi, sono il tizio che ha mappato con i suoi droni il posto dove ci siamo infilati, mi sono sganciato dal gruppo 20 minuti prima, ma riesco ugualmente a perdermi nei cunicoli e rimanere bloccato lì per essere il primo a morire (assieme al povero sfigato che mi ha seguito)!”.

 Morale della favola: non dare carta bianca a un regista rincoglionito e due sceneggiatori in delirio di onnipotenza con 130 milioni di dollari e un franchise storico da riportare sullo schermo.